L’angoscia esistenziale: un viaggio dentro sé stessi

L’angoscia esistenziale è una condizione profonda che emerge senza cause apparenti o legate a specifiche preoccupazioni esterne.

A differenza dell’ansia, che si riferisce a una minaccia concreta e identificabile, l’angoscia emerge da una fonte indefinita: è un senso di vuoto profondo e un’inquietudine priva di un oggetto chiaro.

Non è innescata da eventi specifici come una perdita o una delusione, ma si manifesta inspiegabilmente, anche quando la vita appare serena e priva di problemi evidenti.

Questa angoscia non ha un volto né un nome: rappresenta un malessere diffuso, una tensione interiore senza cause immediatamente individuabili, ed è per questo che risulta così catastrofica per chi la vive. È come un vuoto impossibile da colmare, un’assenza che non trova spiegazione in fattori concreti.

Quando l’angoscia cresce, essa rende la vita stessa meno tangibile, offuscata da domande che scuotono il senso della realtà: “Perché esisto?”, “Perché si soffre?”, “Perché la vita sembra così ingiusta?”. Questo stato di smarrimento e confusione può far percepire la vita come un sogno distante, che si dissolve, lasciando dietro di sé un vuoto quasi insopportabile.

Le 4 preoccupazioni esistenziali

Irvin Yalom, un noto psichiatra e psicoterapeuta esistenziale, ha identificato quattro grandi preoccupazioni che provocano conflitti profondi dentro l’essere umano: morte, libertà, solitudine e significato (o assenza di senso).

Questi temi accompagnano l’esperienza umana e, quando emergono, possono generare angoscia esistenziale (Yalom 1980).

1. Morte: La consapevolezza che la vita è finita ci accompagna, spesso silenziosamente, ma ogni tanto riaffiora con forza. Questa presa di coscienza può spaventarci, ma allo stesso tempo ci spinge a cercare significato e a vivere in modo più autentico.

2. Libertà: La libertà, intesa come totale responsabilità delle nostre scelte, può essere opprimente. Anche se desideriamo essere liberi, il dover decidere il corso della nostra vita ci fa sentire vulnerabili, senza un destino prestabilito a cui appoggiarci.

3. Solitudine: Anche circondati da persone care, ogni essere umano deve fare i conti con una solitudine profonda. Nessuno può vivere la nostra vita al posto nostro, e questo ci può far sentire isolati, anche nelle relazioni più intime.

4. Significato (assenza di senso): Molte persone lottano per trovare un significato nella propria vita. Quando questo senso manca, l’angoscia può crescere, portando a una sensazione di vuoto e inutilità. La ricerca di uno scopo diventa allora centrale per la nostra serenità.

Secondo Yalom, l’angoscia derivante da queste preoccupazioni non è un nemico da temere, ma una strada per la crescita personale e per una consapevolezza più profonda di noi stessi (Yalom 1980).

La rimozione dell’angoscia

Spesso, per difenderci dall’angoscia, mettiamo in atto un meccanismo di difesa chiamato rimozione.

Secondo la psicoanalisi, la rimozione avviene quando il nostro inconscio spinge lontano dalla nostra consapevolezza quei pensieri, emozioni o conflitti che ci provocano sofferenza.

Nel caso dell’angoscia esistenziale, possiamo cercare di “dimenticare” la nostra mortalità, il peso della libertà o la solitudine, sopprimendo così l’angoscia.

Tuttavia, rimuovere queste preoccupazioni non le elimina. Esse possono riemergere sotto altre forme, come sintomi psichici o fisici, oppure in stati di ansia e malessere diffuso.

La rimozione, sebbene temporaneamente efficace, non risolve il problema alla radice e rischia di amplificare il nostro senso di disconnessione interiore. Solo affrontando direttamente questi temi possiamo trovare un vero sollievo e una nuova consapevolezza.

La crisi come opportunità di crescita

Roberto Assagioli, fondatore della psicosintesi, vede l’angoscia esistenziale come una porta verso un “risveglio interiore”. Per lui, queste crisi non sono solo dolorose, ma rappresentano un’opportunità per scoprire una vita più autentica e ricca di significato.

La psicosintesi di Assagioli, infatti, non si limita a curare il disagio, ma punta a integrare le diverse parti della nostra personalità – mente, emozioni, corpo e spirito – per raggiungere una sintesi e vivere in armonia con noi stessi (Assagioli 1973).

Secondo Assagioli, l’angoscia segnala un distacco tra la nostra vita quotidiana e il nostro sé superiore, quella parte di noi che rappresenta il nostro potenziale più elevato.

Affrontare l’angoscia ci permette di avvicinarci a questa parte più profonda, scoprendo un nuovo senso di scopo e collegandoci a una realtà più ampia, fatta di gioia, amore e connessione con l’universo. In questo modo, l’angoscia diventa un catalizzatore per la realizzazione personale e la crescita spirituale (Assagioli 1973).

Quando non siamo noi stessi

Uno dei motivi principali dell’angoscia esistenziale è la sensazione di non essere davvero noi stessi. Quando ci sentiamo lontani dalla nostra vera essenza e non riusciamo a seguire la nostra strada, proviamo un vuoto profondo.

Questo senso di smarrimento rende la vita priva di direzione, aumentando l’angoscia e la sensazione di alienazione.

Affrontare l’angoscia

È importante non avere paura dell’angoscia, ma preoccuparsi se non l’abbiamo mai sperimentata. Emozioni come l’angoscia, la tristezza e la malinconia, per quanto dolorose, fanno parte della vita e possono aiutarci a crescere e a diventare più consapevoli di noi stessi.

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